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Lavoro a domicilio

Visto il particolare mutamento che il settore lavorativo ha subito negli ultimi anni, vedendo completamente ridisegnati i suoi profili, non possiamo non menzionare una particolare modalità lavorativa, il lavoro a domicilio.

Questo particolare istituto lavorativo è regolato dalla l. 18.12.1973, n. 877 (“Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio”), nel quale troviamo una disciplina specifica per questo tipo di rapporto di lavoro. Appuriamo dalla stessa che esso è riconosciuto come una particolare categoria di contratto di lavoro, nella quale la prestazione può essere svolta nell’abitazione stessa del lavoratore, oppure presso un locale di cui lo stesso dispone. Nonostante questa variante, il lavoro a domicilio resta comunque una particolare forma di lavoro di tipo dipendente e subordinato e il lavoratore in questione è a tutti gli effetti un lavoratore subordinato, con determinati obblighi contrattuali da rispettare. Per prima cosa egli deve svolgere il lavoro nel rispetto delle istruzioni ricevute espressamente dal datore di lavoro, e altresì custodire il segreto sul modello del lavoro che gli è stato affidato. Infine è fatto divieto alla risorsa di eseguire lavori in proprio, piuttosto che per conto di terzi, che risultino in concorrenza con quelli del datore di lavoro.

L’articolo 2 della legge 877/73, prevede, inoltre, tre particolari ipotesi in cui è fatto divieto di ricorrere al lavoro a domicilio. Questa ipotesi si realizza nei casi in cui l’attività da svolgere comporti l’uso di materiale e sostanze nocive o lesive della salute tanto del lavoratore quanto dei suoi familiari. Oltremodo l’attività non può essere svolta nel caso in cui sia svolta per conto di un’azienda che dopo aver ceduto l’attrezzatura a terzi, prosegua l’attività affidandola a lavoratori a domicilio. Come ultima ipotesi vi è il divieto di effettuare lavori a domicilio per quelle aziende che hanno effettuato programmi di ristrutturazione o riconversione che hanno generato licenziamenti, entro un anno dall’ultimo provvedimento in tal senso.

In base alla legge appuriamo ancora che, possano essere assunti in qualità di lavoratori a domicilio soltanto coloro i quali risultino iscritti nei registri dei cosiddetti centri per l’impiego, così come i datori di lavoro che vogliano delegare del lavoro a domicilio, devono necessariamente essere iscritti nei registri della “Direzione provinciale del Lavoro”, delle loro provincie.

Per quanto riguarda la retribuzione prevista da tale particolare categoria lavorativa, la definizione dello stesso deve basarsi sulla base di tariffe prestabilite, così come lo stesso cessa attraverso un’azione di licenziamento o di dimissione da parte della risorsa. A tutte le risorse che lavorano a domicilio vi è l’estensione delle assicurazioni sociali obbligatorie rispettivamente contro vecchiaia, invalidità, maternità, disoccupazione e infortuni, mentre risulta invece l’applicazione delle norme in materia di cassa integrazione.

Il lavoro a domicilio non va ulteriormente confuso con il lavoro domestico, con cui si inquadra prevalentemente un tipo di attività ( quale quella della colf, o del cameriere) che deve essere svolta presso il domicilio del datore di lavoro.

La modalità del lavoro a domicilio, nell’ultimo periodo ha conosciuto un ulteriore sviluppo. Tra le ragioni di tale successo vi è di sicuro la flessibilità che esso comporta, in quanto esso può essere svolto, sempre nel rispetto delle regole del datore di lavoro, ma nei tempi e nei modi che la risorsa preferisce.