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Il ruolo del manager in un’azienda meritocratica

Il mondo occidentale del terzo millennio ha intrapreso, ormai da più di un secolo, un cammino verso la meritocrazia intesa come la concessione a chiunque del potere di dimostrare il proprio valore, le proprie capacità e il proprio merito.

 

La meritocrazia porta con sé una tendenza all’individualismo: ognuno è responsabile dei propri risultati, quindi ognuno, con l’impegno e con uno spirito imprenditoriale, può migliorare la propria posizione professionale e sociale. La meritocrazia è insita da sempre nella professione del manager. Il successo di questo professionista, infatti, è sempre dipeso dalle sue azioni, dalla sua capacità di presentare sé stesso e di trasformare la propria immagine in base alle esigenze fluttuanti del mercato. Oggi, però, questa tendenza all’esaltazione del valore individuale è diventata parte della logica di quasi tutte le professioni. Tutti i professionisti che lavorano in un’azienda, in maniera progressiva, iniziano a partecipare in modo attivo ai risultati dell’azienda. La meritocrazia si fa largo in ogni sfera lavorativa, perché ruoli e compiti flessibili seguono un mercato altrettanto flessibile.

Essendoci, quindi, la concreta possibilità di migliorare la propria posizione lavorativa, i dipendenti sfruttano il proprio potenziale a vantaggio loro e anche a vantaggio dell’azienda. Per questo motivo sono sempre più diffusi metodi organizzativi che appoggiano l’emergere del valore dei singoli dipendenti, come la misurazione costante dei risultati individuali e la direzione per obiettivi.

La creazione di forme di gratificazione alimenta la meritocrazia e la rende ancora più appetibile per i dipendenti. Si innesca, in questo modo, un circolo vizioso nel quale il dipendente gratificato è spinto a migliorare ancora le sue prestazioni per accrescere il suo prestigio e l’azienda può gratificare chi raggiunge dei risultati positivi ottenendo un impegno ancora maggiore da parte dei lavoratori. Il compito del manager all’interno di una panorama in mutazione di questo tipo è quello di appoggiare le aspirazioni meritocratiche dei dipendenti dell’azienda e di regolare questo processo di risultato-gratificazione che intercorre tra i dirigenti dell’azienda e i dipendenti. Inoltre il professionista in campo manageriale deve essere in grado di valutare il potenziale imprenditoriale delle persone che lo circondano, di modo tale da essere responsabile delle scelte che l’azienda opera nei confronti di quello che possiamo definire il suo capitale umano. Possiamo dividere in tre fasi il processo attraverso il quale il manager opera, in quanto responsabile, in direzione dell’emergere della meritocrazia. In una prima fase vi è la valutazione degli obiettivi dei dipendenti e la diagnostica del loro valore.

Durante la seconda fase, invece, il manager deve appoggiare i dipendenti le cui idee possono avere risultati positivi per il bene dell’intera azienda. Infine deve monitorare che il processo risultati-gratificazione funzioni correttamente e che, soprattutto, sia vissuto dai dipendenti come un valido stimolo. Prima di assumere questo ruolo di mediatore il manager deve essere sicuro che i suoi parametri di giudizio e le sue capacità imprenditoriali siano tarati in base all’azienda nella quale lavora. In sostanza è necessario un previo studio della situazione aziendale, della posizione dell’azienda all’interno del mercato e della situazione dei singoli dipendenti all’interno della struttura, inevitabilmente gerarchica, che comprende tutti coloro che lavorano per una stessa società.

Solo attraverso un punto di vista che da un quadro ampio e generale si sposta fino al particolare di ogni individuo il manager può operare questa difficile gestione delle risorse dei dipendenti e può mediare tra questi e i dirigenti.